Caos Cinque Terre, il Gruppo Giovani Imprenditori di Confcommercio La Spezia lancia l’allarme sull’Unescocidio e apre al dialogo.
Il presidente del Gruppo Filippo Lubrano: “Dall’Unescocidio delle Cinque Terre non si esce con maggiore burocrazia, ma copiando gli esempi che funzionano. A disposizione come Gruppo per parlarne con le amministrazioni”
I grandi flussi turistici del periodo pasquale e i futuri visitatori che si stimano arriveranno nella stagione estiva hanno messo in risalto le criticità dell’accoglienza sul territorio, soprattutto per la zona delle Cinque Terre. Sono molte le proposte che in questi giorni si stanno avanzando per elaborare soluzioni, in questo senso il Gruppo Giovani Imprenditori di Confcommercio La Spezia vuole offrire il proprio contributo alle amministrazioni delle Cinque Terre.
Per quanto “giovane” per l’età media di questo Paese, ho sufficienti primavere da poter ricordarmi gli anni ’90 alle Cinque Terre. Non erano certo il serafico insieme di borghi di pescatori che la letteratura turistica continua a narrare, ma erano villaggi mal collegati, non troppo curati, e andare lì era tutto meno che trendy.
Le famiglie bene della provincia preferivano Portovenere o i lidi a pagamento di Lerici e dintorni.
Tutto cambiò nel ’97, quando il Parco entrò ufficialmente nella lista dei siti patrimoni Unesco, con un’operazione voluta e, per l’obiettivo, magistralmente condotta dall’allora presidente del Parco stesso, Franco Bonanini.
Coincidenza o causalità, in quegli stessi anni una fortunata trasmissione statunitense condotta dal noto volto televisivo Rick Steves fece scoprire agli yankees le meraviglie di questo angolo di riviera ligure, e da lì cominciò l’esplosione del “fenomeno Cinque Terre”. I social fecero il resto nel nuovo secolo.
L’Unescocidio
A distanza di più di 25 anni da quei giorni, il flusso turistico in quell’area è evidentemente fuori controllo. Siamo l’unico sito listato Unesco in cui ciò succede? Chiaramente no. Tant’è che già qualche anno fa lo scrittore Marco D’Eramo coniò l’eloquente termine di unescocidio per descrivere i fenomeni controintuitivi che avvengono nelle aree protette dall’organizzazione culturale mondiale. Se delle problematiche legate alla musealizzazione di Venezia sappiamo più o meno tutto, meno si racconta di altri problemi di overtourism (o semplicemente mancata gestione del turismo) in siti quali la malesiana George Town, i cui Clan Jetty, un insieme di antiche case su palafitte costruite nel diciannovesimo secolo da una comunità di immigrati cinesi arrivati in città per lavorare alla costruzione del porto, stanno soccombendo nelle proprie attività più caratteristiche.
I problemi delle Cinque Terre sono anche i nostri
Le amministrazioni locali della provincia qui non sanno più che fare, tirate da una parte per il bavero della giacchetta dagli operatori del turismo – inclusi quelli improvvisati, ovvero la maggioranza in questo territorio – che possono capitalizzare col minimo sforzo posizioni diventate dal giorno alla notte di privilegio, dall’altra dall’oggettivo rischio di rompere il giocattolo per sempre. Il quadro è appesantito dall’attuale crisi occupazionale, in cui da un lato nei servizi c’è grande domanda di manodopera anche poco qualificata, mentre i giovani laureati faticano a trovare sul territorio delle occasioni di collocamento all’altezza delle loro ambizioni: molti di loro vanno dunque logicamente ad aumentare le fila della “generazione affittacamere”.
Le ultime, pessime recensioni della stampa internazionale sulle Cinque Terre suggeriscono di fare quello che i vari DMO e tentativi di consorzi provinciali non sono mai riusciti a realizzare: dirottare i flussi (possibilmente verso altre mete del territorio, e non in altre regioni) e destagionalizzare.
Le soluzioni abbozzate
Le amministrazioni locali sembrano invece andare verso direzioni inutilmente arzigogolate, complicando con una burocrazia spesso mal progettata la vita agli operatori del territorio che vogliono erogare servizi che vadano oltre la mera rendita di capitale degli affittacamere. In alcuni casi – come per le recenti noti disposizioni dei comuni del Parco sulle attività diportistiche, che non a caso ha portato a una levata di scudi delle associazioni per modalità non proprio ben rodate – ci si nasconde dietro la bandiera di un ambientalismo di facciata, che assomiglia molto alle pratiche di green washing applicate dalle multinazionali sempre più obbligate a livello di marketing ad adeguarsi controvoglia alle logiche della sostenibilità. Il tutto, mentre si nasconde il vero elefante nella stanza: ovvero che tutti e tre i Comuni hanno seria difficoltà a gestire anche servizi basici, come fogne e flusso di liquami, e mantenere le tubature che spesso scaricano o perdono a pochi metri dalla costa.
E quelle disponibili e implementabili anche qui
Come spesso accade, non si tratta di reinventare la ruota: le soluzioni per mitigare molti dei problemi esistono già. La fragile Venezia ha attivato da inizio anno un sistema di prenotazione e bigliettazione per chi entra in città senza soggiornarvi in giornata. Se il problema principale dei nostri territori è quello di limitare le presenze giornaliere, la tecnologia può venirci incontro: non servono tornelli fisici, ma soluzioni di “gate” virtuali che contano entrate e uscite dai vari punti di ingresso, che sono variegati (auto, treno, battello) ma non infiniti. E magari, qualcuno che si troverà la “porta virtuale sbarrata” alle Cinque Terre dirotterà le sue attenzioni su altri lidi, come ad esempio la Val di Vara, permettendo a chi è già entrato invece nei borghi marinari di godersi un’esperienza più autentica e rilassata.
Su questo, come su altre idee per rinnovare l’offerta di servizi veramente turistici della zona, siamo disponibili a ragionare con le amministrazioni come Gruppo Giovani Imprenditori di Confcommercio.
Con un’unica ambizione: ovvero poter tutelare soprattutto chi avrebbe ancora l’ambizione di vivere davvero questi territori, senza per forza doversi piegare alle logiche della speculazione turistica.
Filippo Lubrano
presidente Giovani Imprenditori Confcommercio