Osservatorio sulla demografia d’impresa: in dieci anni crescono solo le attività di alloggio e ristorazione. I centri storici registrano più servizi, ma diminuiscono le attività tradizionali.
Sulla demografia d’impresa la provincia della Spezia conferma il trend nazionale. A dirlo sono i dati dell’Osservatorio della demografia d’impresa nelle città italiane e nei centri storici, realizzato dall’Ufficio Studi di Confcommercio in collaborazione con il Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne.
L’Osservatorio sulla demografia d’impresa nelle città italiane è un’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio sui cambiamenti del commercio e delle imprese nelle città italiane negli ultimi dieci anni, con particolare riguardo ai centri storici.
L’ottava edizione dell’Osservatorio arriva in una fase che ha visto superare il picco della crisi dovuta alla pandemia e alla stagnazione dei consumi, ma che si confronta oggi con nuove emergenze derivanti dal caro energia, da una elevata inflazione e dal protrarsi della guerra in Ucraina.
I cambiamenti nelle preferenze e nelle abitudini di acquisto e consumo, le scelte commerciali e localizzative della grande distribuzione e delle superfici specializzate, lo sviluppo del commercio online e altri fattori stanno cambiando volto alle nostre città e ai centri storici in particolare, con meno insediamenti del commercio tradizionale e più servizi e con differenti dinamiche tra le aree geografiche del Paese.
L’analisi riporta i dati aggiornati sull’evoluzione commerciale nelle città dal 2012 ad oggi e riguarda i dati dei 120 comuni medio-grandi italiani (regione per regione).
In Italia nel complesso tra il 2012 e il 2022 sono sparite oltre 99mila attività di commercio al dettaglio e 16mila imprese di commercio ambulante; in crescita alberghi, bar e ristoranti (+10.275); nello stesso periodo, cresce la presenza straniera nel commercio, sia come numero di imprese (+44mila), sia come occupati (+107mila) e si riducono le attività e gli occupati italiani (rispettivamente -138mila e -148mila). Cambia anche il tessuto commerciale all’interno dei centri storici con sempre meno negozi di beni tradizionali (libri e giocattoli -31,5%, mobili e ferramenta -30,5%, abbigliamento -21,8%) e sempre più servizi e tecnologia (farmacie +12,6%, computer e telefonia +10,8%), attività di alloggio (+43,3%) e ristorazione (+4%).
Concentrandosi nel territorio spezzino il commercio al dettaglio registrava 579 imprese nei centri storici e 722 nelle zone non centrali nel 2012, mentre a giugno del 2022 entrambi erano calati rispettivamente a 458 e 543 imprese. A subire il maggior calo sono gli altri prodotti in esercizi specializzati che non siano alimenti, bevande e tabacchi: nel 2012 le attività erano 240 nei centri storici, nel 2022 solo 162. Fuori dai centri storici erano 183 dieci anni fa, oggi sono 112. Calano anche complessivamente gli esercizi non specializzati, i prodotti alimentari e le bevande, i tabacchi, il carburante per autotrazione, le applicazioni informatiche e per le telecomunicazioni (ict) in esercizi specializzati, gli altri prodotti per uso domestico in esercizi specializzati, gli articoli culturali e ricreativi in esercizi specializzati e il commercio al dettaglio ambulante. Rimangono stazionari invece i numeri per le farmacie e il commercio al dettaglio al di fuori di negozi, banchi e mercati.
Aumentano come a livello nazionale gli alberghi, i bar e i ristoranti: nel 2012 erano 246 nei centri storici contro i 370 del 2022; mentre fuori dalla zona centrale erano 322 contro i 329 odierni. Si segnala anche un leggero aumento del numero di strutture ricettive, non alberghi, ma B&B, case vacanze e alloggi.
“Questi dati ufficiali della nostra zona, allineati a quelli nazionali, confermano ciò che come Confcommercio La Spezia diciamo da tempo e avevamo ribadito in occasione della chiusura di alcuni negozi storici. Assistiamo a un aumento di aperture per quanto riguarda locali per la ristorazione e questo rischia di creare un’economia monotematica poco attenta alla diversificazione. – ha detto il presidente di Confcommercio Imprese per l’Italia La Spezia Vittorio Graziani – Il segnale d’allarme è concreto e su questo bisognerà aprire un dibattito e ragionare in maniera approfondita tutti insieme, dagli enti, alle associazioni e alla politica locale. Il quadro è chiaro: le nuove aperture vanno solo in una direzione o quasi, si sta perdendo tantissimo commercio tradizionale in favore di una monocultura commerciale. Se non si interviene un’ampia parte del commercio della nostra provincia rischia di morire gradualmente”