Stagione 2022: luci abbaglianti e ombre in sottofondo

“Tutti ricordiamo Esopo, la sua formica laboriosa e la cicala canterina. L’estate che si va delineando ripercorre, a parer mio, le note di uno scacciapensieri accordato per far dimenticare le magagne dell’inverno che verrà.

Potrei sciorinare la solita sequenza d’indicatori positivi. Il turismo ‘tira’, non v’è dubbio: salgono le presenze, località balneari e montane espongono il cartello tutto esaurito. Ma ho sempre pensato che le capacità di un imprenditore si manifestino nel saper interpretare il futuro. E il futuro non è roseo. Certo, il riposo sotto l’ombrellone riesce a stemperare il malumore in ogni vacanziero. Ma quel retrogusto amaro dovuto a un rientro quanto mai incerto aleggia sulle vacanze degli italiani e non solo. Motivi per giustificare questo stato d’indecisione ce ne sono a bizzeffe: stiamo uscendo – forse e con fatica – da due anni di pandemia che ha tagliato risorse e ricchezza, aumentato miseria e difficoltà. Non contenti del disastro, alcuni hanno ben pensato d’infilarsi in una guerra che corre il quotidiano rischio di coinvolgere il mondo intero. Così le materie prime hanno iniziato a essere introvabili, i prezzi a salire, i combustibili a scarseggiare e l’inflazione galoppante è ricomparsa dopo decenni d’assenza. Tralascio i fenomeni climatici e lo stato di salute del Pianeta.

Ma torniamo al turismo che funziona. All’Italia che, grazie alle sue risorse turistiche, sembra aver trovato un’inversione di tendenza capace di attenuare gli effetti negativi della situazione generale. Il PIL nazionale, in barba alle previsioni più fosche e al trend continentale, crescerà più del previsto.

In questo scenario confortante, che cosa pensa di fare la politica?

Regalare alle multinazionali 7300 chilometri di coste italiane adducendo interessi superiori, doveri comunitari mai recepiti dagli altri stati e rovinare il settore trainante del turismo che tiene in piedi il Paese. Su 9 notti trascorse da un turista in Italia, 5 vengono spese in località balneari. Questo grazie a un sistema d’accoglienza peculiare e storicamente radicato.

Sapete, alla fine, chi hanno accusato del crollo istituzionale? Le frange irrequiete del movimento? i ritorni di fiamma di destre mai sopite? direte voi. Nulla di tutto questo: la colpa è di bagnini e tassisti!

Fatte le debite proporzioni, anche ogni vergogna della Storia è nata da qualcuno che da uno scranno se la prendeva con una categoria, un’etnia, un credo comune. Questa dovrebbe essere la cartina di tornasole di un accanimento immotivato di una certa politica nei confronti di alcune categorie. Immotivato poi non tanto, dato che palesi sono gli interessi ciclopici che si celano dietro a queste manovre.

Io faccio il ‘bagnino’ da 35 anni. Come ogni imprenditore ho visto orgoglioso crescere la mia impresa, alla quale ho dedicato, nei decenni, energie, denari e vita. Dallo Stato italiano, ho ricevuto un pezzo di spiaggia brulla. Su quella ho costruito la ‘mia’ impresa e nessuna multinazionale amica degli amici, nessun ricatto europeo, nessuna pressione dei potenti mai riuscirà a sottrarmela. Lì ho riposto il mio avvenire, quello della mia famiglia e quello delle 40 persone che per la mia impresa lavorano.

L’impresa è fatta da beni materiali e immateriali. I primi sono facilmente quantificabili: il prezzo di mattoni, ombrelloni e impianti non sfugge a una analisi attenta. L’avviamento immateriale viene invece dalla capacità dell’imprenditore nel curare la propria creatura, nell’accudirla, amarla, vederla crescere, incrementare il portafoglio clienti, riversare nel proprio lavoro ogni risparmio.

Personalmente, quasi settantenne, credo che avrò poca capacità per combattere contro mafie internazionali, multinazionali, ricconi e tira a campare, quando si andrà all’asta per aggiudicarsi senza pagare pegno ciò che 30.000 famiglie italiane hanno costruito nel corso delle loro esistenze.

Vedersi tirare ogni volta in ballo fa davvero malpensare. Anche in occasione di un disastro interno al governo arlecchino, identificare gli untori in bagnini e tassisti sminuisce la statura di politici e politicanti. Noi incassiamo comunque anche questo nuovo insulto. Va ad aggiungersi all’affermazione – falsa – che paghiamo poco affitto (a chi quell’affitto ha stabilito) e a tutti gli abiti che sapienti regie ci hanno cucito addosso negli anni. Ma lasciatemi dubitare dell’onestà delle intenzioni di chi vuole svendere le coste italiane a non meglio identificati interessi, condendo il tutto con demagogie da libro cuore.

Così, al canto delle cicale estive, va ad aggiungersi anche quello delle imprese balneari, quelle che si occupano delle vacanze degli italiani da sempre. Anche la miglior logica si oppone alla convinzione che, con l’esproprio, le cose potrebbero andare meglio: i prezzi aumenteranno per ammortizzare gli investimenti dei nuovi concessionari e le multinazionali aggiudicatarie avranno mille paradisi fiscali dove – non – pagare i tributi, al contrario delle 30.000 famiglie di concessionari italiani.

Chi spera che la nazione tragga benefici da questa situazione sbaglia, ancor più sbaglia chi giubila sui tentativi di ridurre una categoria sul lastrico. Stanno solo svendendosi l’Italia a scapito degli italiani. Oggi tocca a noi, ma domani sarà il turno di altri. Fate attenzione”.

 

Marco Buticchi, imprenditore associato a Confcommercio Imprese per l’Italia La Spezia

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